sabato 11 agosto 2012

I botteganti e Marie Antoniette

Ora: teoricamente dovrei lavorare. Praticatemte non c'è nessuno. Strade deserte. Negozio deserto. In momenti come questi mi dico che la crisi c'è ed è anche evidente.
Ogni mattina per venire a lavoro cerco di cambiare strada...mi piace guardare la mia città ogni giorno da un'angolazione diversa. Scoprire negozietti nuovi ed incontrare gente diversa. Si perchè la maggior parte delle persone è abitudinaria: ogni giorno la stessa strada, stessi orari, stessa routine. E così finisci per incontrare sempre le stesse persone e magari ti capita di fantasticare su di loro. Provi ad immaginare dove stanno andando o da dove stanno venendo. Cosa faranno. Cosa vedranno.
Ma non solo di persone è fatto il mio tragitto, ma anche e soprattutto di negozi. E quello che più di tutto mi sconcerta è vedere come sempre più negozi stiano chiudendo. E la medesima fine si prospetta per quello in cui lavoro io.
Cavolo, adesso che avevo trovato qualcosa che mi permettesse di mettere da parte un po' di soldi in attesa del lavoro della mia vita!
E' triste vedere come la nostra nazione stia implodendo. Realtà che sembravano consolidate chiudono. Tutti lamentano il fatto di non riuscire a coprire le spese con quello che guadagnano e, se non vuoi metterti in mano a quei "simpatici" soggetti che ti prestano "volentieri" dei soldi in cambio della tua anima, l'unica soluzione è chiudere.
E si finisce per attuare un meccanismo senza via d'uscita: se non ci sono soldi non si investe. Se non si investe non ci sono posti di lavoro. Se non ci sono posti di lavoro non ci sono investimenti per nuove attività.
Ma siamo veramente destinati a non venirne fuori? Davvero non c'è una soluzione?
Ma tipo evitare l'aumento dell'IVA e sostituirla con la diminuzione degli sprechi politici? Si, ok discorsi già fatti. Ma veramente stiamo ancora così bene da non ribellarci come si deve? Aspettiamo la novella Maria  Antonietta che inviti qualcuno a gettarci delle brioche quando non avremo più pane?!

giovedì 9 agosto 2012

Stay . Nel labirinto della mente – Marc Forster


A volte arrivi ad un film per caso, a volte su consiglio. A Stay ci sono arrivata grazie all’attore protagonista: Ryan Gosling.

Che la mente umana sia complessa e talvolta difficile da comprendere si sa. E l’immagine del labirinto (magari uno di quelli in cui dentro ci corre un topino bianco disperato perché non trova la via d’uscita e finisce per restarci!) mi è sempre sembrata perfetta per rendere l’idea!

Stay è un film di quelli che solitamente definisco “allucinati”.

Inizia tutto con un incidente stradale, un ragazzo che si alza ed una storia che comincia.

Henry è ossessionato dall’idea di aver ucciso i suoi genitori. Sarà questo il motivo che lo spingerà ad andare in terapia dal dottor Sam Foster. Tra i due si instaurerà una strana dinamica: Henry confessa a Foster la sua intenzione suicidaria, programmata per il sabato seguente, giorno del suo ventunesimo compleanno. E per Foster diventa una corsa contro il tempo nel tentativo di salvare il ragazzo.

A volte si ha come l’impressione che in realtà tutto quello che sta avvenendo sia a metà tra un sogno del dottor Foster ed una sua imminente follia delirante. Non si capisce quanto di reale ci sia in Henry. Avete mai visto The Others con la Kidman? Ecco, quella è la sensazione che si ha in certi momenti; che tutto ciò che stai guardando non appartiene a questo mondo.

È la scena finale a rivelare come stanno le cose: il film non è altro che il delirio onirico di un uomo morente. Henry, in realtà non si è salvato dall’incidente, ma rimasto gravemente ferito, giace sull’asfalto attorniato da tutti i personaggi che hanno popolato il suo viaggio pre-morte.

Un po’ Lost style. La scena finale è pressoché identica: il protagonista riverso a terra con lo sguardo perso nel vuoto ed il mistero che viene svelato.

Magistrale Ryan Gosling. Avevo avuto dimostrazione della sua bravura già in altri film, e qui non si smentisce. Sempre impassibile ed apparentemente monoespressione, si rivela di un’intensità toccante.

Ottima anche l’interpretazione di Ewan McGregor, divenuto famoso per il ruolo, decisamente più leggero, di Christian in Moulin Rouge. Mai eccessivo, intenso, riesce a farti vivere la stessa ansia e le stesse paure che vive lui. La sua apparente pazzia diventa la tua. Più che con gli occhi di Henry è con i suoi che vivi l’intera storia.

Nel complesso è godibile, nonostante la trama non semplice né prevedibile; quando pensi di aver capito vieni immediatamente smentito. E probabilmente è proprio questo che ti cattura e ti spinge a vederlo fino alla fine.