giovedì 9 agosto 2012

Stay . Nel labirinto della mente – Marc Forster


A volte arrivi ad un film per caso, a volte su consiglio. A Stay ci sono arrivata grazie all’attore protagonista: Ryan Gosling.

Che la mente umana sia complessa e talvolta difficile da comprendere si sa. E l’immagine del labirinto (magari uno di quelli in cui dentro ci corre un topino bianco disperato perché non trova la via d’uscita e finisce per restarci!) mi è sempre sembrata perfetta per rendere l’idea!

Stay è un film di quelli che solitamente definisco “allucinati”.

Inizia tutto con un incidente stradale, un ragazzo che si alza ed una storia che comincia.

Henry è ossessionato dall’idea di aver ucciso i suoi genitori. Sarà questo il motivo che lo spingerà ad andare in terapia dal dottor Sam Foster. Tra i due si instaurerà una strana dinamica: Henry confessa a Foster la sua intenzione suicidaria, programmata per il sabato seguente, giorno del suo ventunesimo compleanno. E per Foster diventa una corsa contro il tempo nel tentativo di salvare il ragazzo.

A volte si ha come l’impressione che in realtà tutto quello che sta avvenendo sia a metà tra un sogno del dottor Foster ed una sua imminente follia delirante. Non si capisce quanto di reale ci sia in Henry. Avete mai visto The Others con la Kidman? Ecco, quella è la sensazione che si ha in certi momenti; che tutto ciò che stai guardando non appartiene a questo mondo.

È la scena finale a rivelare come stanno le cose: il film non è altro che il delirio onirico di un uomo morente. Henry, in realtà non si è salvato dall’incidente, ma rimasto gravemente ferito, giace sull’asfalto attorniato da tutti i personaggi che hanno popolato il suo viaggio pre-morte.

Un po’ Lost style. La scena finale è pressoché identica: il protagonista riverso a terra con lo sguardo perso nel vuoto ed il mistero che viene svelato.

Magistrale Ryan Gosling. Avevo avuto dimostrazione della sua bravura già in altri film, e qui non si smentisce. Sempre impassibile ed apparentemente monoespressione, si rivela di un’intensità toccante.

Ottima anche l’interpretazione di Ewan McGregor, divenuto famoso per il ruolo, decisamente più leggero, di Christian in Moulin Rouge. Mai eccessivo, intenso, riesce a farti vivere la stessa ansia e le stesse paure che vive lui. La sua apparente pazzia diventa la tua. Più che con gli occhi di Henry è con i suoi che vivi l’intera storia.

Nel complesso è godibile, nonostante la trama non semplice né prevedibile; quando pensi di aver capito vieni immediatamente smentito. E probabilmente è proprio questo che ti cattura e ti spinge a vederlo fino alla fine.

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