giovedì 19 luglio 2012

Vent'anni

Vent’anni Vent’anni fa ammazzavano Borsellino.
Vent’anni e due mesi fa ammazzavano Falcone.
Vent’anni dopo nessuno li ha dimenticati.

Vent’anni fa ero una bambina, avevo appena sette anni, ma di quelle due morti ho un ricordo nitido (per quanto possa esserlo quello di una bimba!). Della strage di Capaci ho un’unica immagine in testa e ancora oggi quando la visualizzo un brivido mi percorre le braccia: la strada.
Le esplosioni furono talmente forti e devastanti che la strada si sollevò letteralmente da terra, squarciata, piegata come fosse stata di cera pongo. Fu questa la prima immagine che i telegiornali mandarono in onda. Io ero piccola e non avevo bene la percezione che quella era una morte “importante”, una morte che avrebbe segnato un pezzo della storia dell’Italia e soprattutto della mia terra. Ricordo l’agitazione che si respirava a casa mia. I miei erano visibilmente sconvolti, come se a morire fosse stato un parente. La concitazione dei cronisti che cercavano di dare quante più notizie possibili: Falcone morto. La scorta tutta ammazzata. La Morbillo appesa ad un filo; e a quel filo per un po’ ci attaccammo tutti. Ma alla fine anche lei non ce la fece.
Un’altra immagine si aggiunse, qualche giorno dopo, a quella della strada: il discorso della moglie di Vito Schifani, uno degli agenti di scorta di Giovanni Falcone. Una donna distrutta dal dolore che ha la forza di dire: io vi perdono ma dovete mettervi in ginocchio.

http://www.youtube.com/watch?v=hoH6zBP5SBs

La mia terra, meravigliosa, già zozzata da troppo sangue, non ha il tempo di riprendersi da queste morti, che due mesi dopo la mafia s’asciugò anche l’amico di Giovanni, Paolo.
Quando appresi la notizie della morte di Borsellino ricordo che stavo giocando con mia sorella. Era domenica pomeriggio, le tapparelle abbassate per evitare che il caldo asfissiante entrasse in casa. Mio padre guardava uno di quei programmi che la domenica cercano di intrattenere un pubblico stanco dalle fatiche lavorative, che fu immediatamente interrotto per lasciar spazio alla notizia. All’immagine del palazzo, dove abitava la sorella da casa della quale Borsellino era appena uscito quando una bomba nella sua auto lo uccise, si sovrappose quella della strada di qualche settimana prima.
Per quanto piccola fossi, capivo che qualcosa di grave stava accadendo.

Vent’anni dopo in pochi si sono scordati di Falcone e Borsellino, due uomini più che due eroi. Due uomini che hanno perseguito ciò in cui credevano, che lo hanno fatto non per gloria o riconoscimenti (come di solito l’eroe fa!), ma per senso del dovere. Vent’anni dopo ci sono insegnanti che spiegano ai più giovani cosa accadde nell’estate del 1992. Vent’anni dopo ci sono ancora persone che sfilano per strada e che zitte non vogliono stare.

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