Si parla tanto di libertà. Viviamo in una società, costretta
dalle regole della convenzione, che la cerca disperatamente.
Il problema, però, è che ciascuno intende la libertà in
maniera soggettiva, per cui si finisce per considerare limitante ciò che per
qualcun altro è libertà.
Si parla tanto di 194 in questi giorni, vuoi perché ci sono
medici, come nella mia città, che si rifiutano di metterla in pratica, vuoi per
la decisione della cassazione di questi giorni che risponde alle accuse di
“illegittimità della legge” con una sonora bocciatura, lasciando tutto così
com’è.
La storia è sempre la stessa, le fazioni sempre quelle: da
una parte c’è chi sostiene che già l’ovulo fecondato sia vita, per cui
abortendo si commette “omicidio”; dall’altra ci sono donne (e per favore non
tacciamole subito di femminismo, io le definirei di buon senso piuttosto!) che sostengono
la loro libertà nel poter decidere cosa sia meglio per loro.
La discussione si presta, senza dubbio, a molteplici spunti,
diversi punti di vista tutti rispettabili, però su un punto non transigo: voi fintimoralistibenpensanti non potete
permettervi di accusare una donna di usare l’aborto come rimedio ad una vita
dissoluta. Non avete alcun diritto di dire che quello è un omicidio. E se siete
ipocriticattolicipraticanti, di
quelli che ne fanno di ogni tanto l’Onnipotente lassù ti perdona se ti batti il
petto tre volte, non potete parlarmi di un dono del cielo. Ma avete mai provato
a mettervi nei panni di una donna che non cerca una gravidanza e che le arriva
all’improvviso?! E magari ha preso tutte le precauzioni del caso ma è successo.
O sei stata vittima di violenza. O non hai un compagno e non vuoi crescere un
figlio sola. O sai che non sarai una buona madre e piuttosto che ammazzare tuo
figlio in preda alla depressione post-parto o farlo crescere colpevolizzandolo
per la sua nascita, opti per l’aborto.
Non crediate che si arrivi all’aborto come si arriva al
parco per un pic-nic. La trafila burocratica, quella psicologica ed emotiva non
sono certo semplici. E di solito chi arriva a prendere una decisione così drastica
è perché altre soluzioni non ne vede.
E se poi ci si mette anche chi queste donne dovrebbe
aiutarle ed invece impedisce loro di portare avanti la loro decisione, allora
siamo davvero alla frutta. Tu puoi obbiettarecoscientemente
quanto vuoi, ma perché la tua libertà deve intaccare quella di qualcun altro? Perché
tu puoi poter decidere delle sorti di quella stessa persona che accusi di
prendere decisioni per la vita (se di vita si può parlare riferendosi ad un
accumulo di cellule indistinte!) di un essere che ancora non c’è?
Quale delle due libertà va tutelata?
Parlano tanto di
libertà, ma quando vedono qualcuno davvero libero ne hanno paura.
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